Ecco un racconticino piccino picciò dall'incipit fisso di un elfo che trova una moneta. Deve rimanere sotto le 3000 battute e devo mandarlo poi ad un concorso.
Ditemi le vostre impressioni!
=)
Il piccolo essere dalle orecchie a punta mordicchiò l'oggetto, tenendolo tra le sue lunghe dita.
Diede ancora un'occhiata alla terra smossa ai suoi piedi e storse il naso all'odore pungente che proveniva dallo scavo. Un fetore dolciastro che, come una carezza, gli scivolava sulle guance, lo attirava e lo ripugnava allo stesso tempo.
Ai suoi piedi, un volto con occhi senza palpebre digrignava i denti alla falce di luna che illuminava di sbieco le lapidi e le pietre delle tombe.
Il giovane non si prese la briga di risotterrare il corpo che aveva esumato.
Aveva creduto di trovare poco o nulla, come su tutti gli altri corpi sui quali frugava da anni. Invece questa volta aveva trovato di più.
Sogghignò, il volto pallido che sembrava sbiadire nella luce dell'astro notturno; un vento gelido corse attraverso le lapidi, come un sospiro di un altro mondo, quando le dita si chiusero imprigionando nella mano dell'elfo ciò che avrebbe dovuto permettere all'anima del defunto il viaggio verso i suoi avi.
Si incamminò lentamente verso l'uscita del cimitero. Era una serata come un'altra, e quello per lui era un cadavere come un altro.
Ogni passo che faceva, però, sentiva sempre più su di sé degli occhi appuntiti. Tre volte si girò, e tre volte non scorse nulla.
Percepiva una presenza, fumosa come una sensazione.
Qualcuno lo guardava dal buio.
Fu preso dalla voglia di abbandonare quelle lapidi, denti che laceravano il terreno. Attraversò le ombre delle lastre marmoree con il proprio passo e voltò le spalle a quel luogo di morte.
Voltò le spalle al cadavere dissotterrato di suo padre.
*
Aveva perso il conto dei giorni, il giovane elfo. Giorni trascorsi gridando contro l'oscurità, contro chi lo fissava ogni attimo dal nero più profondo.
Le sue orecchie erano invase da orribili bisbiglii e sussurri che non gli davano tregua, che lo tenevano sveglio la notte e gli martellavano la testa.
Stava lentamente impazzendo e non riusciva a salvarsi.
Le sue mani rasparono il pavimento sporco della camera. Si era svegliato di nuovo di soprassalto e piangeva sommessamente, il ventre a terra.
Si accorse di essersi ferito a una mano e un lieve tintinnio gli rivelò di aver rotto lo specchio accanto al letto.
Nella sua mente una rivelazione si fece strada all'improvviso: strisciante, velenosa, fredda come il vetro che la sua mano iniziava a stringere.
Il tocco sottile sulla sua carne bollente fu come quello di un vecchio amico.
Vi fu un attimo di pace mentre il raschiare del gelido oggetto tagliente contro l'osso del polso copriva le voci senza fine.
Mentre la vita gocciolava via da lui, il piccolo ragazzo osservò la sua moneta.
La vista gli si offuscò, e dall'oscurità balzò fuori lei.
La sua coscienza uscì fuori dalla nera ombra della sua mente, ad osservarlo con occhi senza palpebre.
L'immagine di ciò che una volta era stato suo padre si chinò e raccolse il piccolo disco giallo.
Poi scomparve, e la morte sibilò nelle sue orecchie parole d'oblio.